

SEBASTIAO
SALGADO
L'umanità dietro la macchina fotografica
Lo scorso 23 maggio all’età di 81 anni ci ha lasciato uno dei giganti della fotografia degli ultimi decenni, Sebastiao Salgado. Parlare dell’opera del grande maestro brasiliano che da anni si divideva tra la sua terra natia e Parigi, sarebbe superfluo e ridondante, più utile forse sarebbe ragionare sulla sua visione del fotografo e della fotografia, su quella “fotografia umanista” che perfettamente si cuce addosso all’opera di Salgado.
"La fotografia è molto più del semplice scattare foto: è uno stile di vita. È quello che senti, quello che vuoi esprimere, è la tua ideologia e la tua etica. È un linguaggio che ti permette di cavalcare l'onda della storia”, queste parole del maestro appena scomparso ben raccontano il suo approccio all’arte della fotografia, in special modo al fotoreportage. Una foto esiste, perché l’immagine ci racconta l’anima di chi l’ha scattata, Salgado ha girato il mondo, ha fotografato i lavoratori nelle miniere di mezzo mondo (Workers), ha immortalato le migliaia di disperati che che fuggivano dai genocidi in Ruanda (Exodus), ci ha portato tra gli indigeni dell’Amazonia, tra le creature di mondi lontani (Genesis), o tra i ghiacciai che stanno scomparendo e ci ha detto cosa quelle storie gli dicevano, cosa provava non ha usato parole, e forse sarebbe scorretto dire che ha usato immagini. Ha usato la luce, ha usato i tagli ha usato le ombre e i contrasti, ci ha fatto vedere non cosa ha visto ma cosa ha sentito e ha voluto urlarlo forte perché noi come lui nella bellezze delle sue immagini trovassimo gli stessi sentimenti.
Salgado non ha voluto fare sfoggio di mera bellezza ha voluto fare strumento della bellezza, che ha trovato anche tra i volti più distrutti dalla fatica del lavoro o dalla fame di che da mesi cammina nel deserto. Immagini per raccontarci la sua etica e la sua morale, il suo “essere uomo in questo momento e in questa parte parte i mondo” come lui steso disse a Napoli quando presentò Genesi al PAN, immagini che non potrebbero essere sostituite solo da fiumi di parole, perché queste non avrebbero la stesa violenta immediatezza.
Ed in questo sta la sua “foto umanista” colma di sensazioni che spiegano perché era li in quel momento, perché ha scelto quel soggetto. La fotografia di Salgado è una scelta di campo, mai casuale, mai banale e mai senza una missione ben precisa. Ogni lavoro di Salgado ci ha sempre ben spiegato perché lo ha voluto fare cosa gli ha portato a viaggiare ad un capo all’altro del mondo.
L’arte non può e non deve essere neutra, l’arte se resta neutra se non si schiera, se è scevra da ideali, morale ed etica non può essere arte, questo ce lo insegna i grandi maestri del ‘900 da Picasso a Modigliani, da Guttuso a Van Gogh e ce lo insegna anche Sebastiao Salgado che come ogni grande maestro ha avuto l coraggio di schierarsi di dire la sua di essere “uomo in questo questo momento e questa parte di mondo”.